Second floor of the Museum
Shipyard
Il cantiere navale ottocentesco è una fabbrica precaria: alcune baracche e tettoie su una spiaggia; il legname necessario alla costruzione ammucchiato in cataste protette dalle intemperie; l’invasatura, cioè la struttura inclinata su cui viene costruita la nave e da cui verrà fatta scivolare in mare. All’indomani dell’Unità d’Italia saranno centinaia sulle spiagge della penisola. Le assi del fasciame o del ponte vengono ricavate da un tronco da due uomini con una sega a telaio; quindi vengono sagomate in falegnameria o direttamente dal maestro d’ascia, secondo le seste che sono state prodotte nella “sala a tracciare”. La nave, sia quella piccola — come il leudo in lavorazione — che grande, viene costruita secondo una procedura consolidata: si parte dalla chiglia, i due dritti di prora e poppa, quindi si aggiungono le costole, il paramezzale, poi si passa ai bagli che sostengono il ponte di coperta. Infine si riveste lo scheletro così ottenuto con tavole, i cui bordi saranno riempiti di stoppa e pece bollente per renderli impermeabili. Così si costruivano anche le barche da pesca, la seconda attività su cui basava il sostentamento delle comunità costiere.